giovedì 9 agosto 2012

Quando Jack dà i numeri: Forman, Kubrick, Burton

Jack Nicholson è considerato uno dei più grandi attori del novecento. Fin qui tutti d'accordo.
Ha ottenuto il maggior numero di nomination all'oscar (12), vincendone 2 come attore protagonista con Qualcuno volò sul nido del cuculo e Qualcosa è cambiato (1998) e 1 come non protagonista con Voglia di tenerezza (1984).
Forse a causa della sua bravura nell'interpretazione di ruoli difficili, forse per la sua faccia tutta particolare, fatto sta che i suoi personaggi meglio riusciti non sono mai tutti a casa.
Tre esempi: Randle McMurphy, Jack Torrance e il Joker.
In Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) di Milos Forman, è un detenuto, finito in un ospedale psichiatrico per essere vagliato. I medici infatti sospettano che stia solo fingendo di essere pazzo per evitare i lavori forzati. Quello che Randle non sa è che, se risultasse malato, potrebbe essere trattenuto in ospedale a tempo indefinito.
Per questo, invece di starsene buono, si comporta da sovversivo e cerca di scuotere gli animi degli altri pazienti, esortandoli a ribellarsi ai metodi disumani con cui vengono trattati e alle angherie psicologiche dell'infermiera Ratched. Quando alla fine, dopo un festino e un tentativo fallito di fuga, la Ratched provoca il suicidio di Billy, ragazzo fragile e amico di Randle, questo si avventa su di lei e per poco non la uccide. Considerato ormai incontrollabile, viene sottoposto a lobotomia; il finto sordomuto indiano, "Grande capo" Bromden, con cui Randle aveva in programma di scappare in Canada, non vuole abbandonarlo in quelle condizioni: lo soffoca con un cuscino, poi sfonda la finestra e si allontana nella notte. Come abbiamo già detto, questo ruolo particolare e delicato ha portato a Nicholson il suo primo oscar, e con lui lo vinse anche Louise Fletcher, l'infermiera Ratched.
Shining, capolavoro di Kubrick del 1980, è un horror-thriller tratto da un libro di King, e con questo ho già detto tutto. Qui Nicholson è Jack Torrence, scrittore fallito che si ritira tra le montagne innevate del Colorado come custode dell'Overlook Hotel, portandosi dietro un'insipida moglie e un figlioletto disturbato, a cui non sembra neanche troppo affezionato.
I crimini che hanno avuto luogo in passato nell'albergo, l'isolamento e l'incapacità di esprimersi hanno alla fine la meglio su Jack, che impazzisce definitivamente. Tutti ricordiamo la scena in cui spacca a colpi di ascia la porta per raggiungere la moglie "Wendy, sono a casa amore!", scena che ha un illustre precedente in Giglio Infranto (1919) del famoso regista nonchè fondatore di Hollywood David Wark Griffith (qui abbiamo Donald Crisp che aggredisce Lillian Gish).
Lascia parecchio sconvolti, forse più di tutto il resto del film, la zoommata finale sulla fotografia del salone dell'hotel negli anni '20: in primo piano c'è proprio Jack Torrence.
Infine, Il Joker. E ho messo la maiuscola all'articolo. Non perchè non apprezzi quello di Ledger (poveretto, è pure morto), ma Nicholson ha fatto epoca.  
Batman, 1989, con la regia del mio adorato (almeno fino a Sweeney Todd)  Tim Burton, è stato il primo film sella serie su Batman della Warner (seguiranno Batman-il ritorno, sempre di Burton, i poco apprezzabili Batman Forever e Batman & Robin di Schumacher, per poi riprendersi un po' con i film di Nolan). Nicholson brilla di pazzia e crudeltà accanto a Micheal Keaton, perfetto nella parte del supereroe che in realtà è fragile perchè non ha veri poteri ma solo senso di giustizia e una baraccata di soldi con cui procurarsi armi fighissime, e Kim Basinger.
Sulla cima della cattedrale di una Gotham City che sembra attingere dall'espressionismo tedesco (la scenografia non ha nulla da invidiare a Metropolis) si consuma lo scontro finale: il Joker precipita e trova la morte.
"Dimmi una cosa, amico mio. Hai mai danzato col Diavolo nel pallido plenilunio?"

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